Cinquant'anni in Spagna

Palma di Maiorca: Cattedrale (foto A. C. Cappi)

Ricorre in questi giorni un anniversario importante per me e, indirettamente, per chi legge i miei libri: sono passati cinquant'anni dalla prima volta che ho messo piede in Spagna, terra in cui sarebbero state ambientate moltissime delle mie pagine.
Non ricordo la data esatta, poteva essere la fine di luglio o l'inizio di agosto, ma l'anno era il 1973. In un certo senso, "in Spagna" ci ero entrato un giorno e mezzo prima, quando con i miei genitori ero salito a bordo di un traghetto chiamato Cabo San Sebastián, di proprietà della compagnia Ybarra (fondata a Siviglia nel 1843) e impiegato dalla neocostituita società italo-spagnola Canguro Iberia sulla linea Genova-Barcellona-Palma di Maiorca. Quindi mi ero trovato subito in un ambiente per me insolito, in cui si parlava solo castigliano.
Mio padre era stato in giro per la Spagna con la sua famiglia negi anni Cinquanta e ci era tornato con mia madre per una settimana di vacanza a Maiorca nel 1971. Avevano fatto il bis l'anno successivo e deciso di passarci più tempo l'anno dopo ancora. Stava per diventare una tradizione. Il legame con l'isola sarebbe durato per tutte le loro vite. Negli anni Novanta ci comprarono un appartamento, in cui mia madre poi avrebbe vissuto il suo ultimo decennio da vedova. Ormai parlava, senza rendersene conto, una lingua ibrida tra l'italiano e lo spagnolo.

Palma di Maiorca, dal porto (foto A. C. Cappi) 

La nave Cabo San Sebastián faceva tappa a Barcellona, ma in quell'occasione non scendemmo: avrei visitato la "Ciudad Condal" più volte negli anni successivi. Quindi il primo incontro diretto con la Spagna fu lo sbarco al porto di Palma, la sera del secondo giorno di viaggio. Ricordo la complessità del controllo dei passaporti: l'Europa unita era ancora lontana e la Spagna si trovava in piena dittatura franchista. Tuttavia nelle zone turistiche come quella di Palmanova e Magaluf, sulla Costa de Calvià a Maiorca, non se ne avvertiva troppo la presenza. Tranne quando per la strada si vedevano camminare sospettosi gli agenti della Guardia Civil. Anche oggi pattugliano la zona, ma non portano più il tricorno, girano in macchina e non danno più la caccia ai dissidenti. Semmai vigilano sui giovani inglesi ubriachi.
Francisco Franco era salito al potere nel 1939, dopo il triennio sanguinoso della Guerra Civile vinta con il sostegno di Hitler e Mussolini. Nell'estate del 1973 aveva ottant'anni. Ancora non lo sapeva, ma per lui e il suo regime i mesi erano contati: nel dicembre di quell'anno l'ETA - il gruppo separatista dei Paesi Baschi spagnoli - avrebbe ucciso in un clamoroso attentato a Madrid il capo del governo Carrero Blanco, l'uomo che il caudillo aveva scelto come proprio successore. La vicenda è stata ricostruita nel film Ogro di Gillo Pontecorvo (1979). Ne ho parlato anch'io in Dossier Contreras, un libro in cui i miei personaggi vivono diversi momenti della storia della Spagna dal 1937 al 2001.
Come organizzazione terrorista, l'ETA ha assassinato forse qualche colpevole ma soprattutto moltissimi innocenti, in oltre mezzo secolo di attività a partire dal 1958: le ultime vittime furono due agenti dell'ormai democratizzata Guardia Civil a Palmanova, Maiorca, il 30 luglio 2009, con una bomba esplosa poco dopo che ero passato anch'io proprio in quel punto. Solo grazie alle trattative del ministro degli Interni Pérez Rubalcaba durante il governo Zapatero (e qualcuno forse dovrebbe ricordarsene), nel 2011 finalmente l'ETA cessò la lotta armata. per poi deporre le armi nel 2017 e dissolversi nel 2018.
Ma, sulla spietata bilancia della Storia, si può dire che l'attentato a Carrero Blanco del 20 dicembre 1973 sia stato il primo passo verso la libertà. Il dittatore era stato privato del suo erede. Alla morte di Franco, il 20 novembre 1975, l'unica alternativa fu restaurare la monarchia - assente in Spagna dal 1931 dopo l'esilio di re Alfonso XIII - con il legittimo erede al trono Juan Carlos I di Borbone. Il nuovo sovrano, anziché mantenere in vita la dittatura, innescò un processo che portò alla transizione verso la democrazia e alla Costituzione del 1978.
Da allora la famiglia reale trascorre le sue sempre più brevi vacanze estive a Maiorca, dove tuttavia non l'ho mai incontrata. Incrociai però l'attuale re, Felipe VI, quando era ancora principe delle Asturie, a colazione in un albergo a Barcellona.

Cortile del Palazzo di Giustizia, Palma di Maiorca (foto A. C. Cappi) 

Ma ripartiamo dal 1973. Era la prima volta che mi trovavo non solo in Spagna, ma all'estero. Stavo per compiere nove anni e avevo in mano Lo spagnolo per immagini, una sorta di corso a fumetti in due volumi tascabili, pubblicato nel maggio di quell'anno da Garzanti. Insieme a un coetaneo di Madrid guardavo film western (anzi, peliculas del Oeste) doppiati in spagnolo sul televisore in bianco e nero dell'albergo. Ma intorno a me sentivo parlare molte altre lingue e mi sforzavo di capirci qualcosa. Di fatto, un anno dopo l'altro, avrei imparato non solo lo spagnolo - o "castigliano" - ma anche l'inglese, cioè due delle lingue più parlate in tutto il mondo.
Inoltre, trovandomi in un luogo di vacanza in cui si possono incontrare turisti e lavoratori di paesi, culture ed etnie differenti, nei decenni successivi avrei raccolto centinaia di storie che ho usato e uso tuttora per costruire i miei personaggi. In effetti, crescere a contatto con gente diversa aiuta a non percepire come un nemico chi è appena un po' "altro" da te. Nel mio caso, mi permise anche di "viaggiare" in luoghi in cui non sarei mai andato fisicamente e in epoche in cui non ho vissuto. Giusto per fare un esempio, Quando muore Manolete, l'episodio che apre il mio serial Dark Duet nella collana di ebook "Spy Game" di Delos Digital, si basa su una delle tante storie che mi sono state raccontate a Maiorca.
Ancora non ho visto molto del resto della Spagna. Sono stato a Madrid, Siviglia (la città da cui proviene Mercy Contreras), Cordoba, Granada e spesso a Barcellona, da cui manco da tempo, ma dove mi capitò di andare a pranzo con amici (e autori di cui talvolta ero traduttore) della grande novela negra iberica, come Andreu Martín o come Pedro Casals, scomparso alla fine del 2021; con il permesso di Pedro, il suo avvocato Lic Salinas, protagonista di una serie bestseller in Spagna, è entrato a far parte del Kverse vent'anni fa e appare come guest star in Ladykill e Dossier Contreras.
La novela negra spagnola, in cui mi tuffai come lettore all'inizio degli anni Novanta, rimane un mio punto di riferimento. Ho conosciuto Manuel Vázquez Montalbán e fatto amicizia con Juan Madrid; incontrato Eduardo Mendoza, Francisco González Ledesma e Alicia Gímenez Bartlett; tradotto Miguel Barroso e pubblicato in Italia il precursore del filone, Mario Lacruz. Non a caso trent'anni fa, mentre entravo a far parte della Scuola dei Duri milanese, mi descrivevo come l'unico autore di novela negra spagnola in lingua italiana.

Il Nabila nella baia di Palma, 1985 (foto A. C. Cappi)

Ma questo sarebbe successo molto dopo. Negli anni Ottanta, mentre a Maiorca facevo il dj o presentavo sfilate per conto di un paio di boutique, continuavo a raccogliere dati per il mio progetto principale: quello di scrivere romanzi di spionaggio. Ne è un esempio la fotografia datata agosto 1985 del Nabila, il celebre megayacht di Adnan Khashoggi, usato un paio di anni prima come set per 007 - Mai dire mai. Erano anche gli anni dell'affare Iran-Contras, che causò la caduta dell'impero del succitato mercante d'armi saudita, zio di Dodi al-Fayed (sì, il fidanzato di Lady Diana, morto con lei a Parigi nel 1997). Il Nabila appare, nominato in modo trasversale, proprio in queste acque nel mio romanzo Ladykill.
Del resto a volte si sfiora la Storia per pochi preziosi minuti (come nell'attentato del 2009) o per interposta persona. All'inizio degli anni Ottanta andavo da un barbiere andaluso a Magaluf; quando mi presentai da lui nell'estate del 1981, mi disse che un paio di mesi prima aveva tagliato i capelli a un cliente occasionale, un turco in vacanza all'Hotel Flamboyan, e pochi giorni dopo lo aveva visto in televisione: era l'uomo che il 13 maggio in Vaticano aveva sparato a Giovanni Paolo II.
Per tutte queste ragioni, la Spagna è una delle mie ambientazioni abituali, in particolare Maiorca, a partire dal romanzo Babilonia Connection. Lo pseudonimo che uso tuttora per Segretissimo Mondadori, François Torrent, contiene un cognome maiorchino. La Spagna è apparsa fugacemente anche in qualche mia storia di Martin Mystère e ne ho creato una versione - chiamata "Escala" - nella geografia immaginaria dell'universo alternativo in cui sono ambientate le avventure di Diabolik & Eva Kant.
Ma uno dei miei desideri era proprio scrivere una novela negra ambientata a Magaluf, il luogo di cui ormai conoscevo sia la facciata, sia il "dietro le quinte". E così dieci anni fa nacque Toni "Black" Porcell, che alla sua prima apparizione non doveva neppure essere un personaggio noir seriale; ma reclamò di diventarlo, sovrapponendosi a una figura che avevo in mente da anni. Da poco è uscita la riedizione del primo libro, Black Zero, che parte da un racconto apparso nel 2013 sulla mia pagina Facebook il cui successo mi aveva convinto a mantenerne attivo il protagonista.
Anche se Black fa parte del mondo di Nightshade e Medina, e appare come ospite nelle loro avventure, i suoi romanzi (prossimamente riproposti nella mia collezione presso Oakmond Publishing), sono del tutto indipendenti. Non sono storie di spionaggio, sono esattamente quello che volevo scrivere: noir spagnolo e mediterraneo ambientato a Magaluf.
Insomma, non è un caso se nelle mie biografie appare spesso la frase "dal 1973 vive tra l'Italia e la Spagna". Essere capitato qui cinquant'anni fa ha avuto un'influenza enorme sulla mia vita e sui miei libri. Continuerà ad averla. E adesso, se permettete, festeggio il cinquantennale stappando una bottiglia di cava del Penedés. ¡Salud!

Bagni arabi, Palma (foto A. C. Cappi)



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