Ladykill: lo spartiacque dei complotti

Illustrazione di Cobalt Blue, 1997

Riflessioni di Andrea Carlo Cappi

Mi rendo conto. Chi mi conosce si aspetta l'inevitabile post sul "caso Lady Diana" in occasione del venticinquennale della sua morte. Chi non mi conosce farà il solito commento: "Ancora con 'sta storia di Lady Diana?" Sì, ancora. Perché quella vicenda del 1997 fu un punto di svolta. La goccia che fece traboccare il vaso del complottismo.
Un tempo qualsiasi sospetto di complotto andava bollato a priori come assurdo, Anche dopo avere notato certe incoerenze nella balistica dell'assassinio di Kennedy, sufficienti ad avere qualche legittimo sospetto sulla veridicità del Rapporto Warren. Anche dopo avere scoperto chi mise davvero la bomba a piazza Fontana e come funzionava la Strategia della Tensione: l'ultima inchiesta era di metà anni Novanta. E nel frattempo andava in onda "The X-Files", ultimo figlio di un'America che dal Watergate in poi aveva scoperto che, a volte, i complotti esistono: "Non fidarti di nessuno".
Con Lady Diana, l'immediato, frettoloso, ossessivo intervento dei media (o chi per essi) per additare responsabili "non complottistici" corrose la pazienza del pubblico, la cui maggioranza si lasciò trascinare all'inizio, ma poi arrivò alla stessa conclusione cui pare fosse giunta la regina appena saputa la notizia: "L'hanno ammazzata". Lo dissi e lo scrissi anch'io, tra i primi, con un romanzo che all'uscita fu oggetto di ostracismo, ma viene ancora letto dopo venticinque anni.



L'eccessiva negazione di un ipotetico complotto non fa che alimentare le teorie di complotto. Lady Diana poteva essere davvero morta con il fidanzato in un semplice incidente. Ma dapprima i media si autoaccusarono, scegliendo come capri espiatori i paparazzi... gli stessi che Lady Diana aveva saputo manovrare a proprio vantaggio per mesi, se non anni. Perché avrebbe dovuto averne paura proprio quella sera?
Poi fu scelto un bersaglio che non poteva difendersi, dato che era morto: l'autista, terza vittima di quella notte insieme a Diana e Dodi. Henri Paul fu oggetto di un linciaggio morale, una vera e propria campagna diffamatoria che lo presentò falsamente come alcolizzato strafatto di psicofarmaci. Ma la montatura fu smentita dalle registrazioni delle videocamere di sicurezza dell'Hotel Ritz, che lo mostrano quanto mai sobrio e professionale.
Nel frattempo si minimizzava la relazione tra le due vittime più celebri, ridotta al rango di un amorazzo estivo di poche settimane, quando in realtà durava da almeno nove mesi e c'era ormai un matrimonio in vista, come dimostrava l'anello ritirato dal fidanzato quello stesso pomeriggio... Le menzogne evidenti in tv gettavano benzina sul fuoco complottista di Internet, quando per trovare una spiegazione plausibile bastava raccogliere i dati oggettivi: ciò che ho fatto nel mio romanzo "Ladykill", uscito all'epoca come "Morte accidentale di una lady", riecheggiando un celebre titolo di Dario Fo.



Ma si era aperto il vaso di Pandora del complottismo a ogni costo. Da quel momento fu legittimo credere a tutto e al contrario di tutto. Nel 2001 il riuscito piano di al-Qaeda di abbattere le Torri Gemelle fu accolto sul Web come una messinscena; in realtà, banalmente, gli USA apettavano un casus belli per muovere guerra in Medio Oriente ma non avevano previsto un attentato di quelle proporzioni. Oltretutto nel 2003 gli stessi USA (come racconto nel romanzo "Babilonia Connection") si diedero al fantacomplottismo, usando le presunte armi di Saddam Hussein e le false accuse di legami di questi con al-Qaeda per motivare la Seconda guerra del Golfo.
Ora viviamo nell'era dei falsi complotti che nascondono quelli veri. Il complottismo gratuito pilotato dalla disinformazione e alimentato dall'ignoranza - diffusa su entrambe le sponde dell'Atlantico - è l'unica vera arma di "distrazione" di massa. Mentre le folle si lasciano ipnotizzare dalle menzogne fabbricate a San Pietroburgo a uso dei social network, pochi si accorgono della trama in atto sul serio.
Ne scrivo da anni nei miei romanzi su Segretissimo Mondadori, sentendomi come il protagonista de "L'invasione degli ultracorpi" che urla inascoltato nella scena finale del film. Perché purtroppo, non tutti i complottisti lanciano solo allarmi a vuoto.

Commenti