L'ultimo segreto dell'11 marzo


"Madrid, 11 marzo - L’esplosione delle prime tre bombe ebbe luogo alle 7.39 di un giovedì mattina, a bordo di un treno di pendolari da poco entrato nella stazione di Atocha. La seconda volata – quattro esplosioni – si verificò tre minuti più tardi, a bordo di un altro convoglio in arrivo alla stessa stazione. Alle 7.50 una bomba esplose a bordo di un treno a Santa Eugenia, un’altra stazione di Madrid, a meno di quindici chilometri da Atocha. E cinque minuti dopo altri due ordigni detonarono su un convoglio nella stazione di El Pozo, a metà strada tra Atocha e Santa Eugenia. Le cariche esplosive erano state nascoste in borse e zaini riempiti di chiodi e viti, che ne aumentarono la potenza letale..."

Così, nel romanzo Babilonia Connection, pubblicato per la prima volta nell'ottobre 2005 e riproposto nella nuova edizione di Oakmond Publishing nel marzo 2021, raccontavo il piu tragico attentato in Europa del XXI secolo. Il conteggio ufficiale è di 193 morti e circa duemila feriti.
Accadde a Madrid l'11 marzo 2004, un ventennio fa: la data che, nella storia di Spagna, viene da allora ricordata come 11M.
Mancavano tre giorni alle elezioni politiche spagnole del 2004, in cui si confrontavano il primo ministro in carica, Aznar del Partido Popular (PP, centro-destra) e il suo rivale Zapatero del Partido Socialista Obrero Español (PSOE, centro-sinistra). Era un momento politico molto delicato.
Le modalità dell'attentato (o meglio, degli attentati simultanei) non lasciavano dubbi a qualsiasi osservatore attento: era un'operazione di un gruppo in qualche modo legato ad al Qaeda. Il movente, per non dire il crudele pretesto, era il fatto che la Spagna avesse partecipato alla coalizione contro l'Iraq.
Eppure, incredibilmente, il governo di Aznar sostenne subito a spada tratta che ne fosse invece responsabile l'ETA, l'organizzazione indepentista dei Paesi Baschi, autrice per decenni di attentati in Spagna, ma con metodi e obiettivi completamente diversi: omicidi individuali o bombe contro specifici bersagli politici o militari; se le bombe erano piazzate a scopo dimostrativo in aree civili, l'ETA stessa preallertava le autorità prima che fosse troppo tardi. Molte erano state le sue vittime innocenti, ma le esplosioni sui treni non facevano parte del suo sanguinoso repertorio terrorista.
Nonostante la stessa ETA si dissociasse dall'attentato dell'11M, il governo di Aznar comunicava ufficialmente che il massacro era opera dell'indipendentismo basco. Non aveva senso, ma a pensarci bene c'era una spiegazione: ammettere la matrice di al Qaeda, voleva dire ammettere che i jihadisti avevano voluto colpire la Spagna a causa di una scelta di politica internazionale di Aznar, il quale temeva di essere messo in cattiva luce al momento delle elezioni; mentre, accusando la banda terrorista basca, si sarebbero incolpati "i soliti sospetti", i nemici di sempre, ostili a qualsiasi governo spagnolo.
Così il governo del PP arrivò a richiedere che della "colpevolezza dell'ETA" si scrivesse sulle prime pagine dei giornali (anche quelli non vicini al PP), in quella che oggi si potrebbe definire una massiccia operazione di disinformazione dell'intera opinione pubblica spagnola. Alla quale fu tenuto nascosto anche un clamoroso messaggio da una fonte che, almeno in quell'occasione, si poteva ritenere attendibile. Come spiegherò tra poco, i retroscena di quella vicenda sono venuti alla luce solo in questi giorni, a vent'anni di distanza.

La matrice del terrorismo estremista islamico era così inequivocabile che, negandola a tutti i costi, fu chiaro che il governo di Aznar stava cercando di nascondere la verità in base a un'errata strategia elettorale. Così, mentre le forze dell'ordine indagavano sul terrorismo islamico e scoprivano i veri responsabili, alcuni dei quali sarebbero poi morti in un suicidio collettivo, l'elettorato punì le false affermazioni del PP votando il PSOE.
Ebbe inizio il governo Zapatero, fonte di grandi riforme in Spagna. Pochi forse ricordano che negli anni successivi proprio questo governo del PSOE condusse, grazie a opportune trattative del ministro Rubalcaba, alla dissoluzione dell'ETA, alla pacificazione e alla fine del terrorismo basco dopo decenni di sangue: fu una delle grandi conquiste della Spagna nel XXI secolo.
Nel mio romanzo del 2005 mi inventai una trama di pura fantasia complottista: qualcuno dall'esterno avrebbe indotto terroristi mediorientali ad agire a Madrid in corrispondenza delle elezioni, con l'intento di spingere la Spagna verso destra e militarismo; ma - proprio a seguito dell'improbabile e vano tentativo di disinformazione da parte del governo - si sarebbe ottenuto invece l'effetto contrario, portando il Paese più a sinistra. Si tratta, ribadisco, solo di finzione.

Ma la televisione di stato spagnola TVE ha reso pubblico all'inizio del marzo 2024, nei giorni precedenti il ventesimo anniversario dell'attentato, un documento filmato inedito che, per chiunque abbia un minimo di memoria storica, è del tutto sconcertante. È stato intitolato L'intervista che non fu mai trasmessa.
Torniamo indietro al 2004: subito dopo l'attentato, la Casa Bianca telefona a Lorenzo Milá, corrispondente di TVE negli USA. È un fatto eccezionale sotto molti aspetti: il presidente George W. Bush in persona, insieme a sua moglie Laura (rarissime le interviste a due, fianco a fianco) vorrebbe presentarsi all'ambasciata spagnola (quindi recarsi lui in "territorio spagnolo", anziché chiamare una troupe alla Casa Bianca) per rilasciare un'intervista a TVE sul tema scottante dell'11M. Non è stata TVE a chiederla, sono stati i Bush a proporla, subito dopo l'attentato.
I Bush hanno dunque estrema urgenza di far sapere qualcosa alla Spagna.
L'intervista viene realizzata il 12 marzo. Ed è uno scoop. Da una parte il presidente USA fa un endorsement di Aznar a due giorni dalle elezioni, dicendo che gli spagnoli sono fortunati ad averlo al governo in quel momento; dall'altra però Bush segue un copione che assomiglia molto di più alle fantasiose teorie del mio romanzo. Allude alla spiegazione dell'attentato che risulterà esatta, ovvero che si è trattato di al Qaeda. Di fatto Bush sostiene Aznar perché vicino agli interessi americani di quel periodo e a lui interessa che sia rieletto, ma al tempo stesso smentisce educatamente la versione ufficiale del governo spagnolo.
L'intervista viene inviata a Madrid, ma per qualche ragione e con grande sorpresa della Casa Bianca, non viene trasmessa da TVE. Un documento storico viene sepolto in un archivio, usandone solo pochi fotogrammi non compromettenti e nascondendo del tutto il messaggio di Bush, basato su fonti dei servizi di intelligence americani: l'attentato del giorno prima è opera di al Qaeda. Ma la verità non è in linea con le affermazioni, errate e scarsamente credibili, del capo del governo.
Bush vuole che la Spagna voti Aznar e rimanga compatta a fianco degli USA nella Guerra al Terrore cominciata dopo l'11 settembre 2001. Aznar teme che gli spagnoli non lo votino e per questo pensa di poter raccontare loro impunemente qualcosa che invece lo fa sembrare o un incompetente o un mentitore. E l'intervista, guarda caso, sparisce.
La storia di un'informazione tenuta nascosta vent'anni fa può sembrare un fatto irrilevante, rispetto alla morte di 193 persone allora e a quello che sta accadendo in Ucraina e a Gaza adesso.
Ma è un sintomo significativo della capacità di negare l'evidenza di una certa parte politica, che in questi vent'anni ha preso direzioni molto rischiose.

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