Ucraina: la strage dimenticata

Il Boeing dell'Ukraine International, gennaio 2020 (da Wikipedia)

Dopo due settimane di guerra, il mondo si divide ormai tra chi è solidale con l'Ucraina e il suo popolo - il che comprende anche artisti e intellettuali russi, così come gente comune russa, perché non è il popolo russo a volere la guerra - e quelli che ancora si ostinano a dire che sia giusto massacrare civili innocenti. D'altra parte, la democrazia dovrebbe tollerare non solo chi sostiene le "ragioni" di una guerra ma anche chi, come me, è contrario. Quindi, dal momento che questo blog è stato già in parte censurato, mi permetto di raccontare ciò che non si può dire. Incluso il primo atto di guerra non dichiarata nei confronti dell'Ucraina, in data 8 gennaio 2020.
In quel momento stava scoppiando un curiosissimo conflitto, altrettanto dimenticato, tra USA e Iran. Si racconta che durante la presidenza americana 2017-2020 regnasse la pace, eppure per alcuni giorni il mondo fu sull'orlo di una guerra tra USA e Iran, le cui uniche vittime furono i passeggeri di un aereo civile della Ukraine International Airline, la compagnia di bandiera di un paese che la Russia già considerava proprio nemico. Rimane un mistero di cui nessuno parla, anche perché la storia è molto complessa. Ma, poiché me ne sono occupato a lungo nei miei libri (in particolare in un romanzo intitolato "Mosaico Iran", del 2020), posso cercare di riassumerla, spero, in modo comprensibile.

Nel 2016 alle elezioni USA si presentano un candidato del Partito Repubblicano e una candidata del Partito Democratico, a mio avviso non quella ideale: ho sempre avuto da ridire sulle sue scelte di politica estera, quando se n'è occupata. Ma il repubblicano è evidentemente un nazional-populista perfetto per far presa sull'americano bianco medio, pronto a credere a un Muro costruito "a spese del Messico" per tenere fuori gli immigrati da sud e ad accettare sia i suoi atteggiamenti da sbruffone, sia le sue simpatie per i movimenti razzisti e nazisti.
Forse vincerebbe anche da solo, ma per sicurezza le propaganda russa dà una mano a lui e un paio di picconate alla sua rivale. Il repubblicano vince ed entra in carica nel gennaio 2017. La CIA, che sa dei suoi intrallazzi con Mosca, lo considera una spia nemica e mette in salvo i propri infiltrati ad alto livello in Russia prima che lui ne riveli l'identità al Cremlino. Anche l'NSA (l'agenzia di spionaggio informatico USA) ritiene il presidente un agente straniero, ma non è autorizzata ad ammetterlo: quando un'impiegata dell'NSA, in preda a una crisi di coscienza, rivela ai media alcune informazioni in merito, non solo è arrestata come spia, ma anche accusata di essere una terrorista islamica.
La versione che il Cremlino suggerisce al presidente USA e che questi diffonde pubblicamente - dichiarando di non avere motivo di dubitarne - è che non sarebbe stata la Russia a interferire a suo favore, bensì l'Ucraina a cercare invano di aiutare la sua rivale.
In un mondo perfetto, se il presidente di un Paese viene eletto grazie all'appoggio di una potenza straniera e se i servizi segreti sono convinti che le obbedisca, bisognerebbe esautorarlo prima che combini qualcosa di irrimediabile. Ma i servizi segreti devono rispondere a lui, quindi diventano suoi complici nell'insabbiare la questione. E non possono impedirgli di fare una mossa che, da sola, giustifica il fatto che la Russia abbia appoggiato la sua elezione: il presidente americano decide che gli USA devono abbandonare gli accordi sulla proliferazione nucleare e con questo pretesto, in risposta, li abbandona anche il Cremlino. La Russia è "costretta" a riprendere la corsa agli armamenti e può dire che non è stata una sua scelta.

Nel 2020 si avvicinano nuove elezioni negli USA, in cui organizzazioni razziste e naziste si sono sentite incoraggiate dalla politica degli ultimi tre anni. C'è persino una setta religiosa che considera il presidente repubblicano il nuovo messia che libererà gli USA dal Partito Democratico, ritenuto un covo di satanisti che compiono sacrifici umani e orrendi rituali con il sangue dei bambini. Non sto affatto scherzando, ci credono sul serio.
Ma c'è di mezzo un possibile candidato del Partito Democratico: l'ex vicepresidente USA dell'amministrazione precedente. Suo figlio fa affari con l'Ucraina e tutta la famiglia è amica di Kiev. Quindi l'Ucraina si è legata affettivamente ed economicamente agli USA. Ma, dal momento che il presidente russo non sopporta che l'Ucraina sia uscita dall'URSS nel 1991, la considera un nemico e chiunque le sia amico un proprio avversario personale. Quindi si accorda con il suo affiliato alla Casa Bianca.
Quando ormai è evidente che il rivale del Partito Democratico alle prossime elezioni USA sarà proprio l'ex vice, il presidente americano arriva a ricattare al telefono il presidente ucraino: se a Kiev non istituisce subito una commissione di inchiesta sugli affari in Ucraina del rivale, lasciando intendere che ci sia qualcosa di sporco, allora l'Ucraina si può scordare gli aiuti promessi dagli USA. Si tratta di un ricatto a un paese amico, per motivi personali ed elettorali.
Le telefonata viene scoperta. Il fatto è gravissimo. Il presidente americano è sottoposto al procedimento di impeachment, che potrebbe rimuoverlo per sempre dalla Casa Bianca, come era successo a Nixon dopo lo scandalo Watergate. Vorrebbe dire: addio elezioni. Per i Repubblicani, che puntano su di lui per restare al potere, sarebbe una sconfitta in partenza. Per cui, benché i Democratici evidenzino "l'influenza straniera" sulla Casa Bianca, i Repubblicani sostengono il presidente a ogni costo. Anche perché nel frattempo il presidente USA ha compiuto con successo un atto di guerra contro l'Iran, che gli ha fatto fare bella figura con gli americani.

Breve flashback: alla rivoluzione khomeinista in Iran nel 1979 partecipò un gruppo islamico-marxista, i MEK (Mojahedin del Popolo iraniano) che, messo in minoranza dal governo degli ayatollah, si dissociò dall'integralismo e se ne andò in esilio. Poiché Saddam Hussein era nemico dell'Iran, i MEK si rifugiarono presso di lui in Iraq, ma fecero amicizia anche con USA e Israele. Per un certo periodo furono considerati terroristi, ma poi riabilitati.
Con una sede in Francia e una misteriosa base segreta in Albania, i MEK si misero anche a organizzare conferenze a Parigi, invitando come ospiti (dietro compenso) noti politici di varie nazioni. Alcuni di loro divennero sostenitori dei MEK. Un aspetto molto curioso: il partito di estrema destra spagnolo Vox, nato di recente e molto gradito dai nostalgici della dittatura franchista (ovvero fascista), ha avuto due finanziatori: un oligarca russo vicino al Cremlino, tramite un'organizzazione integralista cattolica spagnola, e i MEK islamico-marxisti. Curioso abbinamento.
Ma non ci si deve stupire troppo se i MEK, tramite i politici americani repubblicani che hanno partecipato alle conferenze parigine, diventano i consulenti della Casa Bianca sulla politica verso l'Iran. Oltretutto, dopo il caos in Iraq conseguente alla Seconda guerra del Golfo voluta a tutti costi da George Bush, jr., Teheran esercita una pesante influenza su Baghdad. In questi quattro anni la politica USA verso l'Iran si fa molto conflittuale, nonostante entrambi siano alleati contro l'ISIS (anch'essa effetto collaterale della Seconda guerra del Golfo).
E qui c'è un'apparente contraddizione: la Russia è molto amica dell'Iran, lo usa anche (insieme al Venezuela) come canale di finanziamento per i partiti populisti che in Europa hanno astutamente preso il posto di parte della sinistra. Eppure il presidente USA, così fedele al Cremlino, se la prende con l'Iran. Forse per far vedere agli americani che è un uomo forte che mette in riga gli "straccintesta" (l'americano medio bianco non sa distinguere afghani, iraqeni, iraniani... per lui sono tutti "straccintesta").

Fatto sta che nel dicembre 2019, proprio mentre comincia il procedimento di impeachment a suo carico, il presidente USA ordina l'assassinio di un noto comandante iraniano, che viene eseguito in Iraq mediante un'operazione di spionaggio e l'attacco di un drone. Una provocazione intollerabile. All'inizio di gennaio, la tensione USA-Iran raggiunge livelli da guerra imminente. Una guerra che andrebbe evitata a ogni costo. E infatti viene evitata, ma solo dopo che "per errore", scambiandolo per "un missile americano", l'8 gennaio 2020 la contraerea iraniana abbatte un aereo di linea ucraino in partenza dall'aeroporto di Teheran, un luogo da cui notoriamente partono aerei a ogni ora del giorno.
Un aereo di linea decollato dall'aeroporto di Teheran, con civili innocenti a bordo. 127 persone. Un aereo di linea ucraino diretto a Milano, con passeggeri di varie nazionalità, tra cui ucraini e canadesi. Tutti morti. 127 persone. La guerra tra gli USA e l'Iran filorusso finisce qui. Ma, anche se non se ne accorge nessuno, è cominciata la guerra Russia-Ucraina, che riprenderà dopo l'intervallo del Covid-19.

Il presidente americano la fa franca con l'impeachment, si ricandida, perde, non ammette la sconfitta, inventa la storia della "vittoria rubata" di mussoliniana memoria e scatena l'attacco al Campidoglio del 6 gennaio 2021. Dopodiché, prima ancora di lasciare libera la Casa Bianca il 20 gennaio, viene sottoposto a un secondo procedimento di impeachment (un record) per istigazione alla rivolta, ma grazie ai Repubblicani se la cava ancora. Potrà di nuovo candidarsi come se niente fosse alle prossime elezioni.
Solo che adesso per quattro anni alla Casa Bianca c'è l'amico degli ucraini. Bisogna distruggere la sua immagine prima delle elezioni del 2024. Cosa c'è di meglio che punire severamente il popolo che gli è così simpatico, senza che lui possa muovere un dito per difenderlo?
II missile dell'8 gennaio 2020 sull'aereo ucraino voleva dire qualcosa.
Quelle 127 persone morte erano un messaggio. Un preludio.
C'è un fastidioso ritardo dovuto al Covid, che distoglierebbe i riflettori del mondo dalla punizione esemplare impartita all'Ucraina, che tutti devono vedere. Tutti devono imparare ad avere paura. Tocca aspettare quasi due anni. Ma, quando del Covid non importa più niente a nessuno, finalmente viene il momento di ammassare truppe ai confini ucraini.
"No", assicura la Russia, "non c'è nessun piano di invasione."
Ancora più truppe.
"No, non c'è nessun piano di invasione. Non vedete, stiamo persino ritirando le truppe!" Che invece aumentano.
Infine comincia l'invasione.
Ma non è "un'invasione": è una "denazificazione", una "demilitarizzazione". Se in Russia un giornalista osa dire "invasione", perde il posto. Se lo si dice in strada, si viene arrestati: 12.700 persone in carcere in dodici giorni, secondo le ultime stime.
La guerra è in atto. Si aprono persino "corridoi umanitari" in Ucraina, ma solo per attirare profughi in Russia: se vogliono andare altrove vanno ammazzati senza pietà. Nuove trattative per aprirli sul serio. E la guerra continua.
A questo punto, a chi importa più di quel missile a Teheran? In fondo erano morte solo 127 persone.

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