C'era una volta l'Ucraina

 

Viktor Hartmann (1834-1873) "La grande porta di Kiev"

Considerazioni di Andrea Carlo Cappi

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Non sono un grande esperto della storia d'Ucraina, ma mi sorgono alcune riflessioni dopo il discorso in proposito tenuto dal presidente russo il 21 febbraio 2022, a sostegno della tesi da lui già esposta il 12 aprile 2021 nel saggio "Sull'unità storica tra russi e ucraini": "la vera sovranità ucraina è possibile solo in associazione con la Russia", perché si tratta di "un unico popolo".
Ovvero: una nazione che occupa un territorio di oltre 600.000 km quadrati (superiore per estensione alla Francia), in cui si parla la lingua ucraina (oltre a russo, tataro, magiaro e albanese), indipendente dopo la Prima guerra mondiale e, di nuovo, poco prima della fine dell'URSS, dovrebbe tornare sotto il dominio esclusivo russo.
Del resto, afferma il presidente russo, "l'Ucraina non esiste".
D'accordo, questo paese inesistente dispone di importanti risorse agricole: l'Ucraina era detta "il granaio d'Europa". Infatti come vedremo tra poco, nel XX secolo il dominio russo l'ha saccheggiata fino a ridurla letteralmente alla fame. E anche le risorse minerarie ucraine (e i giacimenti di carbone del Donbass, guarda caso) sono molto appetibili per Mosca.
Ma, se si comincia a frugare nella storia per giustificare quali stati debbano essere soggetti a chi, emerge una lunga serie di paradossi.

Per esempio, intorno all'anno 1000 a.C., in Ucraina risiedevano i Cimmeri (la popolazione di Conan il barbaro, secondo le storie fantasy di Robert E. Howard); ma prima di candidare Arnold Schwarzenegger alla presidenza a Kiev, dobbiamo tenere presente che un paio di secoli dopo arrivano gli Sciti (con una i) dall'Iran, quindi forse dovranno farsi avanti gli ayatollah sciiti (con due i) di Teheran. Poi però sbarcano sulle coste i greci e i romani, fino all'arrivo dei Goti, popolazione germanica (da cui il termine "gotico"), in seguito sloggiati dagli Unni provenienti dalla Siberia.
Poi si succedono i Bizantini (in Crimea), i Bulgari, i Cazari dell'Asia centrale, i Magiari, i Patzinak, gli Slavi... e così giungiamo al IX secolo, con la comparsa di una popolazione scandinava, i Rus (no, non ancora i "russi"). Costoro si mescolano agli slavi in un regno con capitale Kiev, che occupa in tutto o in parte territori ucraini, bielorussi, russi, polacchi, slovacchi e baltici. Sarà dai Rus che nascerà la Russia. Ne consegue che non dovrebbe essere Mosca a reclamare l'Ucraina, bensì Kiev a dominare parte del territorio russo. Ma a metà dell'XI secolo il regno si smembra ed è a questo punto (circa 1054) che viene usato per la prima volta il termine "Ucraina", quello che a detta del presidente russo sarebbe pressappoco un'invenzione di Lenin datata 1917.

In seguito arrivano i Mongoli, che non dominano ufficialmente ma esigono tributi dai principi ucraini. Il territorio cade poi sotto la giurisdizione di Genova e Venezia (con i loro avamposti nella penisola di Crimea), della Lituania, della Polonia, della Moldavia, degli Asburgo e dei Cosacchi. Fino a quando viene suddiviso tra l'Impero Austro-ungarico (che ha molto a che fare con l'Europa occidentale) e l'Impero Russo, con la Turchia (Impero Ottomano) che preme ai confini. E siamo ormai a metà del XVIII secolo. 
In Crimea, tra 1853 e 1856, si combattono l'Impero Russo e l'Alleanza di Turchia, Francia, Gran Bretagna, Austria e Regno di Sardegna (perché all'epoca, come ha detto l'austriaco Metternich, "l'Italia è un'espressione geografica"). I russi perdono, ma conservano buona parte dell'Ucraina.
Dopo la Prima guerra mondiale, L'Ucraina si divide in varie repubbliche rivali, fino a quando una piccola parte viene assegnata alla Polonia e, dal 1922, tutto il resto rientra nell'URSS post-rivoluzionario, con le repubbliche sovietiche di Ucraina e Crimea.
L'attuale presidente russo non perdona a Lenin di avere mantenuto l'Ucraina come un concetto separato dalla Russia.

La collettivizzazione sovietica delle attività agricole porta in Ucraina, tra il 1932 e il 1933, a una situazione aberrante, chiamata Holodomor, la "morte per fame" di milioni di persone, evento poco ricordato dalla storia anche perché Stalin fa di tutto per nasconderlo al resto del mondo e solo nel 2008 verrà classificato come "genocidio" e "crimine contro l'umanità", al pari dell'Olocausto. Accade che l'inefficiente gestione sovietica dell'agricoltura porti a una grande carestia in tutto l'URSS, compresa la fertile Ucraina, da dove la produzione viene requisita per soddisfare le esigenze alimentari di Mosca, anche a scopo punitivo: gli ucraini hanno cercato di opporsi alla collettivizzazione forzata. Pertanto vengono saccheggiati e lasciati a crepare di fame.
A milioni. Ribadisco, a milioni.
Da questo evento nasce probabilmente il detto "i comunisti mangiano i bambini": nell'Ucraina affamata si arriva anche a cibarsi di cadaveri. Le poche notizie che filtrano sul genocidio ispirano a George Orwell - autore britannico antifascista - il romanzo "La fattoria degli animali". Nel 2019 parlerà di questa tragedia il film di Agnieszka Holland "L'ombra di Stalin", attraverso gli occhi del giornalista britannico Gareth Jones che a suo rischio e pericolo ne fu testimone.

Durante la Seconda guerra mondiale il territorio è occupato dai nazisti e dopo l'Holodomor molti ucraini odiano così tanto Stalin da unirsi (purtroppo) a Hitler, l'altro assassino di massa nell'Europa del XX secolo. Ma nel 1945 i sovietici recuperano la vasta regione e nel 1954 accorpano Ucraina e Crimea nella repubblica sovietica di Ucraina, per festeggiare "trecento anni di amicizia tra russi e ucraini".
I milioni di morti non contano.
Quindi si può capire perché nel 1991 l'Ucraina voglia l'indipendenza dai russi, che Eltsin le concede in qualità di curatore fallimentare dell'Unione Sovietica. E, a dispetto dei legami oggettivi della minoranza russa della popolazione (che diviene maggioranza nelle regioni di Donetsk e Luhansk, l'area detta Donbass, e la penisola di Crimea) perché l'Ucraina a maggioranza ucraina non voglia perdere l'indipendenza dopo solo trent'anni.
Ma, dopo l'annessione con la forza della Crimea alla Federazione Russa nel 2014, dopo avere ammassato 190.000 soldati russi al confine ucraino e nei territori del Donbass (fonte: i servizi di intelligence occidentali), il 21 febbraio 2022 Mosca riconosce - unica al mondo - come stati sovrani le repubbliche separatiste del Donbass (Donetsk e Luhansk) nell'Ucraina Orientale, cosa che ha promesso di non fare negli accordi di Minsk.
Ora i due territori ucraini separatisti sono, agli occhi del presidente russo, due paesi amici in pericolo immediato. Ciò autorizzerebbe, per usare una vecchia locuzione sovietica, "l'aiuto fraterno" di Mosca, ovvero un intervento militare diretto.

Negli ultimi giorni la tregua nel Donbass stabilita negli accordi di Minsk è stata violata più volte. Ucraina e Russia si accusano a vicenda, anche se sembra che i colpi siano sparati perlopiù dal Donbass verso ovest (non viceversa), anche su bersagli civili.
Un'autobomba è esplosa nei pressi del palazzo del governo separatista a Donetsk, senza vittime: viene da chiedersi perché i "sabotatori ucraini" agli ordini di Kiev (come dice Mosca) vorrebbero dare alla Russia proprio ora un ottimo pretesto per una guerra. Non escludo però che la minoranza ucraina nel Donbass russofilo - se esiste una resistenza che disponga di esplosivi - speri in un conflitto, perché ormai non ha più nulla da perdere.
In ogni caso, sembra proprio che la Russia si sia pentita della generosità di Eltsin e abbia deciso di recuperare l'Ucraina e i suoi preziosi granai, così come le sue riserve di gas naturale, carbone, ferro, manganese, titanio, mercurio... L'Ucraina "non esiste", è ancora meno di "un'espressione geografica", però ha la sua utilità.

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