Le grandi spie secondo Claudio G. Fava


Non capita tutti i giorni di leggere la recensione di un proprio libro scritta da qualcuno che fin dall'infanzia si considera un Maestro. Da Claudio G. Fava (1929-2014), giornalista e critico, curatore di celebri rassegne di film sulla RAI, ho imparato molto sul cinema e spesso mi rammarico che per le nuove generazioni non esistano figure paragonabili. Nel 2010, dopo la mia partecipazione al programma di Corrado Augias, il mio libro Le grandi spie (oggi disponibile solo in ebook, anche se ne ho ancora varie copie che quanto prima metterò in vendita) mi diede un'altra grandissima soddisfazione: un giorno Claudio G. Fava, che non vedevo da qualche tempo, mi chiamò per annunciarmi la sua recensione del mio libro, che riporto integralmente qui.


Chi non legge in compagnia o è un ladro o è una spia
(dal blog di Claudio G. Fava, 29 aprile 2010)

Vorrei precisare che questo libro me lo sono comprato (costa per l’esattezza € 16,90 ed è edito da Vallardi, nome antico del mondo dei libri stampati, ora assorbito dal gruppo Mauri Spagnol). Mi par giusto precisarlo perché in genere i libri che si recensiscono si ricevono omaggio. Pertanto qui non c’è nessun legame “obbligato”. L’ho fatto perché il tema delle spie mi interessa fin da bambino, e anche perché da anni conosco l’autore, Andrea Carlo Cappi; l’ho incontrato diverse volte al “Noir in Festival” di Courmayeur, ed è un cultore professionale di giallo e di nero sin dall’adolescenza. Il suo libro intende porsi come una sorta di grande riassunto ad uso di un lettore interessato ma non specializzato. Ci si imbatte in una breve introduzione intitolata “Le spie non sono dei gentiluomini”, che è un rinvio alla famosa battuta di Henry L. Stimson, Segretario di Stato dal 1929 al 1933: “Un gentiluomo non legge le lettere altrui”. Come è noto la conseguenza di questa frase ingenua e idiota fu tragica: venne abolito il servizio specializzato che cercava, fra l’altro, di decrittare il codice segreto giapponese, operazione rivelatasi drammatica al tempo di Pearl Harbour.

Il libro si articola, dopo una breve digressione storica, in una puntuale serie di capitoli a loro volta composti da capitoletti minori, spesso intesi a evocare singoli episodi o singoli personaggi. Si comincia con “Occhio dell’Aurora”, centrato sulla mitica Mata Hari, via via si esaurisce il tema della Prima Guerra Mondiale e, dopo le digressioni su Mademoiselle Docteur e su Lawrence d’Arabia, si passa a trattare il tema dello spionaggio tra le due guerre con molti temi diversi, fra cui un personaggio di cui non sapevo nulla, l’italiano, nato all’Aquila, Amleto Vespa, naturalizzato cinese e divenuto una spia famosa col nome di Comandante Feng. In questo stesso capitolo, ovviamente, si ricostruisce il caso estremamente complesso dei “Cinque di Cambridge” (Philby, Burgess, MacLean, Blunt e Cairncross) che nascosti nel cuore distratto e snob dello spionaggio inglese resero per anni servizi preziosi all’intelligence sovietica. Naturalmente Cappi fa anche a tempo a rievocare la figura romanzesca di Sidney Reilly, spia inglese annidata nelle pieghe più segrete della Ghepeu.

Abbrevio, per non annoiare il lettore e per non esagerare con le citazioni. Via via Cappi ricostruisce l’immenso capitolo degli avvenimenti spionistici durante la Seconda Guerra Mondiale: si và da “Enigma”, la famosa macchina tedesca per cifrare i messaggi, all’“Orchestra Rossa”, ad un’altra celebre spia sovietica, il tedesco Richard Sorge, all’“affare Cicero”, che sembra totalmente inverosimile ed invece è tutto costellato di fatti autentici, alle prime esperienze dal vero dell’aspirante spia Ian Fleming, ad un’altra figura romanzesca, quella del capo dell’Abwehr, Ammiraglio Canaris. In un’enorme riserva di fatti veri che comprendono ogni possibile variazione storica. Ad esempio, ovviamente per motivi di spazio, non mi pare di avere trovato tracce (salvo una saltuaria citazione del B.C.R.A.) di quella straordinaria costruzione che fu lo spionaggio gollista dal 1940 alla fine della guerra, inizialmente tutto centrato su una sola persona, il Capitano André Dewavrin, detto “Il Colonnello Passy”, perché, ad un certo momento, tutti gli esponenti della resistenza gollista francese presero il nome di una fermata della metropolitana parigina…

Dopodiché si passa ai due capitoli finali, “La Guerra Fredda” e “Dopo la Guerra Fredda”, vale a dire quasi sessant’anni di una intricatissima serie di accadimenti che vanno dal “Progetto Manhattan” alla nascita della C.I.A., dalla cattura di Eichmann all’immenso deposito di vicende che ruotano intorno a decenni di guerra segreta nell’Europa e nel mondo. Dalle strutture “Stay Behind”, alle incursioni del Mossad, alla figura del capo dello spionaggio della Germania Est, “Misha” Wolf, trasfigurato con il nome di “Karla” nei romanzi di John Le Carré, per giungere poi fino ai giorni nostri…
Questo non è che un frettolosa ricapitolazione di tutto l’immenso materiale evocato e descritto da Cappi. Il quale naturalmente ha scelto quel che gli è parso più importante nell’immenso “magazzino” di clamorose e straordinarie vicende che costituiscono l’alternativa segreta ma palese alla storia ufficiale dell’Europa e del mondo. Certamente l’opera ha i suoi pregi e i suoi difetti come ogni ricostruzione del genere, ma rappresenta un utilissimo compendio di tutto ciò che l’appassionato conosce e che può interessare al lettore generico. La pubblicistica italiana, in genere, o è confinata nella spocchia universitaria dei testi e degli specialisti, o svapora nell’approssimata e superficiale varietà del disordinato giornalismo all’italiana. Ben vengano, quindi, libri come questo, in cui la consapevolezza dello specialista non schiaccia il desiderio di informazioni di un lettore “normale”.

Claudio G. FAVA




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