Ombre nere su Maiorca

Maiorca (foto A. C. Cappi)

Sapevate che nel secolo scorso Maiorca, l'isola più grande delle Baleari, è stata per quasi tre anni territorio italiano? No, non sto parlando di villaggi turistici, ma di occupazione militare e di tricolore sabaudo che sventola sui palazzi ufficiali.
Sapevate che l'uomo che comandava sull'isola, un sedicente conte bolognese, cavalcava da vincitore per le strade di Palma di Maiorca mentre i suoi uomini uccidevano migliaia di persone?
E che di lì a poco un conte - non sedicente - di Madrid escogitò una trappola per consegnare ai campi di sterminio nazisti i profughi ebrei tedeschi che si erano rifugiati sull'isola, accusandoli di far parte di una cospirazione mai esistita?

Talvolta, durante le ricerche per un romanzo, ci si imbatte in qualche episodio che merita di essere approfondito e che presto o tardi può dare origine a qualche altro racconto. Ma di recente ho diradato le nebbie della mia ignoranza su alcuni capitoli di storia oscura e dimenticata - quantomeno fuori dall'ambito ristretto degli studiosi - a cui ho fatto poi riferimento nel mio libro Dossier Contreras e nella serie Dark Duet.
Chi ha letto alcuni miei romanzi avrà intuito che ho vissuto per vari periodi a Maiorca, nell'arco di ormai quasi mezzo secolo. Eppure delle vicende in questione io stesso avevo appena un indizio nebuloso: un'anziana signora del luogo che ricordava con nostalgia la sua storia d'amore con un pilota italiano.
Ero al corrente del fatto che, durante la Guerra Civile spagnola (1936-39) l'aviazione fascista, alleata dei franchisti contro il legittimo governo repubblicano della Spagna, avesse come base Maiorca. Ma solo qualche anno fa, mentre scrivevo il romanzo Black and Blue, ho cominciato a indagarne i retroscena, che sono risultati molto più complessi.
Perché queste storie sono quasi dimenticate? Rispondo da solo alla mia domanda: le ombre che dominano su Maiorca tra la fine degli anni Trenta e l'inizio degli anni Quaranta non sono state, per molti, un ricordo piacevole.

DH-89 Dragone Rapide (photo: Arpington)

Pensavate che quell'isola fosse solo una località di vacanza? Ebbene, fu un punto strategico del Mediterraneo e uno dei luoghi in cui si è deciso il destino del mondo.
In uno degli episodi narrati nel volume Dossier Contreras presento la figura del Banchiere, ispirata a un reale personaggio storico di nome Juan March, nato a Maiorca nel 1880. A chi è stato in Spagna sarà forse capitato di notare l'insegna della Banca March, una delle più importanti. E qualcuno avrà viaggiato a bordo di uno dei traghetti della Trasmediterranea, la principale compagnia di navigazione iberica. Lui è il fondatore dell'una e dell'altra. Juan March è così noto che anche gli scheletri nel suo caveau blindato sono stati oggetto di studio.
Sapevo quindi che, stando alle ricostruzioni, nel suo curriculum ci sarebbero anche il contrabbando di tabacco, il sospetto di omicidio di un rivale e i rifornimenti clandestini ai sommergibili tedeschi durante la I guerra mondiale. Negli anni Trenta il governo della Repubblica Spagnola decise di fare i conti con lui e lo mandò in prigione. Lui evase e preparò la sua vendetta: nel 1936 mise la sua copertura economica a disposizione del futuro dittatore Francisco Franco, cui procurò anche il celebre aereo Dragon Rapide che permise al generale ribelle di scatenare il sollevamento militare, l'alzamiento, ovvero l'inizio della sanguinosa Guerra Civile spagnola che sarebbe durata fino al 1939.
Tuttavia Juan March ebbe un ruolo importante anche "dalla parte dei buoni" e, c'è da presumere, dalla parte del suo personale tornaconto: nella II guerra mondiale, quando usò la sua influenza sul regime di Franco per mantenere la Spagna fuori dal conflitto, evitandone l'intervento al fianco di Hitler e Mussolini. Al punto che in seguito i servizi segreti inglesi - che ebbero un ruolo fondamentale nella vittoria alleata - lo riconobbero ufficialmente come proprio agente.

Il "conte Rossi" cavalca a Palma di Maiorca

Del ruolo strategico dell'isola era ben conscio anche Mussolini, che nell'agosto 1936 decise di prestare aiuto al camerata Francisco Franco. Sfidando le leggi internazionali, inviò a Maiorca un fascista di ferro, tale Arconovaldo Bonacorsi, noto con lo pseudonimo di "conte Aldo Rossi". Non era un militare di carriera e la sua scelta forse era finalizzata a una "negabilità plausibile": in caso di fallimento, il Duce avrebbe potuto semntire di avergli dato l'incarico. Il conde Rossi si mise alla testa dei ribelli falangisti locali e conquistò l'isola, scacciando le truppe repubblicane, o (cito a memoria) come disse il cronista di un cinegiornale dell'Istituto Luce di quell'epoca, "buttando in mare i rossi".
Così Maiorca divenne territorio italiano, sede di una base navale e punto di partenza per i piloti  dell'Aviazione Legionaria che bombardavano i territori repubblicani sulla penisola, in particolare quello catalano. Nel frattempo il conte Rossi, in sella al suo cavallo bianco, scatenò la repressione. Non è ancora chiaro quante persone abbia fatto uccidere: forse "solo" centinaia, ma secondo l'OVRA (la polizia segreta fascista) duemila; secondo altre fonti tremila. Bel regalo che abbiamo fatto noi italiani ai maiorchini, non vi pare?
Forse fu anche per questa palese violazione dei diritti umani che Mussolini, benché fosse tentato di mantenere il controllo sulle Baleari, dopo che Franco ebbe vinto la Guerra Civile e imposto la sua dittatura su tutta la Spagna, ritirò le truppe italiane e gli consegnò Maiorca. Arcovaldo Bonarcorsi, iscritto e candidato non eletto presso l'MSI, nel 1960 fondò l'MPI (politicamente più a destra) e nel 1962 morì sessantaquattrenne a seguito di complicazioni postoperatorie.

José Finat, conte di Mayalde

Ma intorno al 1935 Maiorca era divenuta anche il rifugio di una comunità di ebrei tedeschi fuggiti dalla Germania nazista. Malgrado l'Italia, in ossequio a Hitler, avesse approvato le leggi razziali nell'autunno del 1938, sull'isola forse non erano ancora state applicate. Sventuratamente nel settembre 1939 a capo della DGS, la polizia segreta spagnola franchista, fu nominato un ammiratore sfegatato di Hitler e delle sue teorie deliranti. Il suo nome era José Finat, conte di Mayalde. Questi elaborò il cosiddetto Archivo Judaico, in vista di una persecuzione antisemita come quella già in atto in Germania e in Italia.
Le conseguenze non tardarono a manifestarsi. Dopo che la Francia fu occupata nel 1940, gli ebrei che speravano di raggiungere il Portogallo si trovarono davanti le frontiere spagnole chiuse, che impedivano loro di attraversare il territorio, e dietro i nazisti pronti a catturarli.
Per la comunità ebraica di Maiorca, la DGS organizzò invece una trappola burocratica: convocò a Madrid i maschi adulti con il pretesto di "mettere in regola i loro documenti". Quando questi si presentarono - e non credo che potessero fare altrimenti - furono accusati di fare parte di una cospirazione giudaico-marxista-sovversiva. Venne loro intimato di lasciare immediatamente la Spagna. Tuttavia molti di costoro avevano famiglia e, anche se avessero voluto andarsene, l'iter burocratico per trasferirsi altrove era insormontabile. Sicché furono deportati nel campo di concentramento di Miranda del Ebro, la prima tappa verso i campi di sterminio nazisti. Qualcuno alla fine si salvò, grazie all'intervento diplomatico americano in favore dei diritti umani.
Nel 1941 il conte di Mayalde fu nominato ambasciatore spagnolo a Berlino, dove rimase per poco più di un anno. Dal 1952 al 1965 fu sindaco di Madrid: nel 1964 il sindaco social-democratico di Berlino Ovest (e futuro cancelliere della Germania Ovest) Willi Brandt annullò una visita alla capitale spagnola, perché si rifiutò di incontrarlo. Evidentemente lo considerava un individuo peggiore di Franco. Finat morì per cause naturali a novantun anni nel 1995, vent'anni dopo il dittatore.

Di alcuni di questi fatti storici faccio menzione, in particolare, nell'imminente romanzo breve della mia serie Dark Duet, dal titolo La baia delle spie. Perché, anche se si tratta di narrativa di intrattenimento, nulla impedisce che tratti di questioni importanti, contribuendo a preservare la memoria storica.
Raccontare le storie della Guerra Fredda e le loro radici negli anni precedenti è anche l'occasione per esplorare vicende in fondo non lontane dal nostro tempo, che tuttavia non si studiano a scuola, di cui non si parla, ma che, se svelate, possono farci vedere il mondo con occhi diversi.

 

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