Chi è il cattivo in quest'immagine? Nessuno, perché si tratta solo di una dimostrazione di kali escrima della Bono Academy e i due "avversari" nella foto sono entrambi bravissimi ragazzi. Ma in una storia noir o di spionaggio è l'autore a dirvi chi sono i buoni e i cattivi, anche se le due categorie possono comportarsi in modo molto simile.
Una caratteristica del noir - se con questo termine indichiamo le storie di intrigo, crimine e delitto che non rientrano nel mystery classico con soluzione finale e punizione del colpevole davanti alla legge - è proprio la sottile linea di confine comportamentale tra eroi, antieroi e loro antagonisti. Nella narrativa spionistica, che affonda le radici nel noir portandolo in uno scenario di politica e complotti, spesso internazionali, il confine viene valicato di continuo. Inganno, ricatto e persino omicidio sono strumenti di lavoro nel mondo degli agenti segreti, tanto nella finzione quanto nella realtà.
"Abbiamo trasgredito le regole mentre combattevamo per tutelarle. Siamo diventati mezzi fuorilegge che rischiano la vita per prevenire la violenza degli altri", scrisse con un tocco autobiografico E. Howard Hunt, che oltre a essere autore di romanzi (pubblicati in Italia da Segretissimo Mondadori) fu nel mondo reale una delle figure più controverse della CIA, collegata a trame in America Latina, all'assassinio di J. F. Kennedy - cui Hunt si è dichiarato sempre estraneo - e al caso Watergate, per il quale invece è stato condannato. Forse ricordate Robert Redford che ne annota il nome accanto alla caricatura di un agente segreto in una scena del film Tutti gli uomini del presidente.
In un romanzo l'autore ci può raccontare che un personaggio con "licenza di uccidere" è buono e che quindi userà questo suo discutibile "privilegio" esclusivamente a fin di bene. Nella realtà, un individuo del genere sarebbe pericolosissimo. Quando si opera di nascosto, come è obbligatorio per un agente segreto, bisognerebbe essere guidati da un profondo senso etico e da una pari lucidità. Altrimenti, avendone la possibilità. è altissimo il rischio di agire in preda a fanatismo ideologico o interesse personale e giustificare, ordinare o commettere le azioni più riprovevoli.
Nella narrativa, beninteso, gli scrittori possono prendersi qualche libertà. Alcuni miei personaggi, come Carlo Medina o Mercy Contreras, compiono azioni che io non potrei e non vorrei mai emulare. Sparano alle persone e le uccidono, cosa che può benissimo succedere quando si preme il grilletto di un'arma da fuoco. Solo che loro lo fanno sulla carta e non muore nessuno.
Il mio amico e collega Stefano Di Marino - che, da quanto ho letto giusto ieri, finalmente qualcuno comincia a riconoscere come uno dei più grandi scrittori italiani - usa una descrizione azzeccatissima che cito a memoria in modo approssimativo: come nelle riprese di un film, al termine della scena tutti i personaggi si alzano da terra e vanno insieme a farsi una birra.
Ma sulla carta i cattivi, talvolta anche i buoni, devono morire. Sono personaggi simbolici e il conflitto, anche violento, è una metafora epica della nostra esistenza quotidiana. La vittoria finale, quando c'è, è una catarsi per il lettore ma anche per l'autore. Come ho scritto in varie occasioni, nei miei racconti "elimino" per interposto personaggio ciò che mi disturba nella mia vita: certa gente non si rende nemmeno conto di quanto è fortunata che in questo modo io non senta il bisogno di farlo nella realtà.
Qualcuno non lo capisce proprio e ancora oggi continua a tirare la corda: non a caso - presumo a seguito di una segnalazione che li ha qualificati falsamente come spam - nel momento in cui scrivo i miei post di Kverse su Blogger non possono essere condivisi su Facebook, come se questo fosse un oscuro sito criminale della rete oscura. Visto che il mio "anonimo" accusatore trova il mio blog così interessante da vietarne l'accesso, colgo l'occasione per informarlo che, a detta di una persona più esperta di me, tali azioni sono punibili con la reclusione fino a quattro anni. Veda un po' lui.
Ma, tornando sul tema di questo breve intervento, nella letteratura d'azione, noir e di spionaggio il concetto di "buono" a volte corrisponde a "meno cattivo dei più cattivi". O addirittura a "cattivo, però stavolta dalla parte dei buoni".
I miei lettori lo hanno visto nelle ultime apparizioni di Rosa Kerr alias Sickrose all'interno della serie Agente Nightshade in Segretissimo (Mondadori). In origine, soprattutto nei romanzi Nightshade - Obiettivo Sickrose (ripubblicato in volume e ebook da Oakmond il 4 luglio 2020) e Nightshade - Babilonia Connection (in volume e ebook, sempre da Oakmond, a partire dal 4 marzo 2021), ve l'ho presentata come cattiva: bella, intelligente, ma cattiva.
In Sickrose - Sicaria, in edicola e ebook da Segretissimo dall'inizio di marzo 2021, Rosa è per la prima volta protagonista assoluta di un intero romanzo e incarna il paradosso di come, per affrontare certi avversari, occorra qualcuno che sia (quasi) peggio di loro. D'accordo, è cattiva. Ma è la nostra cattiva.
Immagine: da una foto di A. C. Cappi
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